|
Don Marco Bisceglia
(Lavello, 5 luglio 1925 - Roma, 22 luglio 2001) è stato un "prete
del dissenso" nonché fondatore dell'associazione Arcigay.
L'impegno politico Parroco della Chiesa dei Sacro Cuore di Lavello, vicino Potenza, Bisceglia aveva aderito alla "Teologia della liberazione", collocandosi vicino alle posizioni di don Enzo Mazzi e dei "cristiani del dissenso" (le "comunità di base"), e si scontrò con le gerarchie cattoliche per avere sostenuto pubblicamente la legge sul divorzio. Non era ben visto dalla Chiesa e dalla Democrazia Cristiana a causa del suo anticonformismo e delle simpatie espresse per il Partito Comunista Italiano. Al di fuori della sua parrocchiale c'era scritto a caratteri cubitali: "La chiesa è del popolo". Omosessuale, e favorevole
alla liberazione delle persone omosessuali, fu infine sospeso a divinis
dopo lo scandalo seguito nel 1975 a un inganno di due giornalisti del quotidiano
di destra "Il Borghese", Franco Jappelli e Bartolomeo Baldi. Costoro si
spacciarono per cattolici omosessuali chiedendogli un "matrimonio di coscienza" [2].
Bisceglia (che era prudente
nei suoi gesti pubblici, proprio per evitare la rottura aperta con l'istituzione
cattolica), contando sull'aspetto privato del rito acconsentì, e
benedì privatamente l'unione. In realtà però il vero
obiettivo dei due giornalisti, come anni dopo dichiararono in una intervista
a Pier Giorgio Paterlini nel suo libro Matrimoni, era trovare un
pretesto per coinvolgerlo in uno scandalo e farlo sospendere a divinis
in quanto "comunista".
La nascita di Arcigay All'inizio degli anni Ottanta,
a Palermo un gruppo di gay s'era ritrovato a gravitare, nella crisi generalizzata
del movimento gay italiano, dopo la stagione del Fuori! ormai agli sgoccioli,
attorno all'associazione ricreativa e culturale della sinistra, l'Arci.
Marco Bisceglia dopo la sua sospensione aveva iniziato a collaborare proprio
con l'Arci, ed era membro della "Commissione diritti civili" di quell'associazione.
Il dinamico e visionario presidente nazionale dell'Arci, Enrico Menduni, nominò allora Bisceglia "promotore" della nuova realtà associativa, con l'incarico di farle raggiungere prima possibile un profilo nazionale; verso il 1983 lo affiancò anche un giovane obiettore di coscienza gay agli inizi della sua carriera politica, Nichi Vendola. Nella sua attività
di promozione, Bisceglia crea e cura un bolletino informativo, Arci
Gay press, prende contatti con i gruppi (che all'epoca erano tutti
autonomi e non più coordinati) e organizza diversi incontri nazionali
allo scopo di federarli in Arcigay.
La situazione si sbloccò
solo quando infine Bisceglia, dopo lunghe trattative, ottenne l'adesione
al progetto da parte del Circolo 28 giugno di Bologna, che costituì
un contraltare di ugual peso a quello del Mario Mieli, trattandosi d'un
gruppo che possedeva sede, militanti e fondi propri. Nel marzo del 1985
poté così nascere infine Arcigay nazionale, con sede a Bologna.
E non certo per caso, grazie al ruolo giocato in questo frangente dalla
città, i primi tre presidenti di Arcigay nazionale (Beppe
Ramina, Franco
Grillini e Sergio
Lo Giudice), sarebbero stati tutti bolognesi.
Paradossalmente il successo di Bisceglia costituì per lui un nuovo momento di crisi: grazie a lui infatti la creatura che era stato incaricato di far crescere era diventata adulta, e ormai procedeva per conto proprio, contando su militanti, sedi e finanziamenti propri. Bisceglia rientrò così nell'ombra, lavorando in Arci fino a quando iniziò a manifestare problemi di salute.
Gli ultimi anni In effetti, gli ultimi anni
della vita di Bisceglia furono resi molto difficili dall'Aids.
|
Note
[1].Scritto in origine per Wikipedia, poi ampliato per Wikipink, come voce: Marco Bisceglia. Il testo è quello online il 24/4/2012. Il testo di una qualsiasi data successiva può essere stato modificato anche molto rispetto a questo. Sulla vicenda si veda, online, Enrico Oliari, "Il Borghese", Franco Jappelli e l'orrore per "gli invertiti". [3].Mimmo Sammartino, A Lavello oggi una corona sulla tomba dell'ex parroco, "La gazzetta del Mezzogiorno", 6 giugno 2003. |