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Il nudo maschile ha fatto molta fatica ad essere accettato come forma legittima di espressione artistica nella storia della fotografia. Quando iniziò la prima fioritura della fotografia, tra il 1830 e il 1840, la sua funzione principale era considerata la produzione di ritratti degli individui: ciò che fino ad allora era stato possibile solo ai nobili, divenne alla portata di tutte le classi sociali. I fotografi percepirono però l'esistenza di un mercato emergente al di fuori del ritratto. Nacque così il commercio di fotografie che ritraevano oggetti, case, strade, paesaggi e, finalmente, nudi. Secondo David Leddick, curatore del libro The male nude (1999), la società impose inizialmente la commercializzazione esclusiva della fotografia di nudi femminili, anche con fini erotici per quanto camuffati sotto una patina "artistica". Ma poiché alla maggioranza degli uomini non piaceva la vista del nudo maschile, in un'ottica maschile nessuno si poneva il problema se qualche donna avrebbe potuto apprezzare la bellezza artistica contenuta in un nudo maschile. E gli uomini che in grado di ammirare la bellezza in tale forma erano una minoranza. Un inizio contrastato
La capacità della fotografia di mostrare le cose "per quel che erano" da un lato affascinava, dall'altro però spaventava per quella che veniva giudicata la sua "crudezza", che non permetteva gli abbellimenti normali nelle arti tradizionali. Nella fotografia applicata al nudo si apprezzò subito la possibilità di fornire modelli ai pittori e ai disegnatori a un prezzo imbattibile, ma si deprecò la crudezza della rappresentazione, che faceva continuamente sfiorare il sospetto dell'oscenità e della pornografia anche quando il soggetto non aveva intenti espressamente sessuali. Questo pericolo era molto più presente, si sosteneva per giustificare il tabù nei confronti del nudo maschile, con il corpo dell'uomo, che ha i genitali esposti (se non esibiti) alla vista, cosa che invece non avviene in quello femminile. A tale problema sfuggono in origine solo le fotografie espressamente prodotte per fornire modelli agli artisti (e ancor oggi conserviamo molte immagini che hanno perfetti corrispondenti in quadri o statue), e quelle scientifiche, per esempio destinate ai medici: in entrambe il nudo era presentato come "necessità". Tra le foto prodotte per
artisti (in alcuni casi addirittura su commissione, come nel caso di Jean
Louis Marie Eugène Durieu (1800-1874) con Eugène
Delacroix, o di Gaudenzio
Marconi(1841-1885) con Auguste
Rodin) spiccano per interesse quelle di Cavalas e dei già
citati Durieu e Marconi.
Tra le foto scientifiche di nudo spiccano ancor oggi per il loro valore estetico quelle del britannico Eadweard Muybridge, che negli Usa studiò il moto degli animali, inclusi gli esseri umani (per l'appunto nudi) scattando a brevissimi intervalli sequenze d'immagini attraverso una serie d'apparecchi fotografici non sincronizzati, e unendo poi le immagini risultanti in sequenze che rendevano visibili le fasi del movimento (cronofotografia). I suoi studi furono pubblicati nel 1887 e conquistarono infine, anche nei puritanissimi Stati Uniti, una prima, timida rispettabilità "scientifica" al nudo, aprendo la strada anche agli esperimenti di un artista come Thomas Eakins. (La vulgata che vorrebbe Muybridge quale "sdoganatore" del nudo maschile a livello mondiale non ha ovviamente la minima base storica, essendo stato il nudo maschile prodotto per decenni in Europa anche prima del suo lavoro).
Tale produzione fu però duramente contrastata dalle autorità, e spesso confinata a creazioni fatte "in proprio" (che circolavano tramite originali fotografici, stampati uno per uno, e non riprodotte su libri o riviste a stampa a basso costo, come oggi), dalla diffusione clandestina, spesso prodotta per e spacciata nei bordelli, nei quali serviva anche ad esibire al cliente in modo comodo e rapido (e "senza veli") il "catalogo" delle prostitute presenti. Ancora più rara e ancora più perseguitata fu la produzione erotica di nudo maschile, che aveva un mercato quasi esclusivamente omosessuale, in un mondo in cui l'omosessualità era in se stessa un reato in molte nazioni occidentali. Per questo motivo la foto erotica di nudo maschile fu costretta ad apparire sotto aspetti maggiormente "accettabili" per la società dell'epoca.
Poiché la fotografia iniziò ad essere accettata come un'arte a sé relativamente tardi (ancora a XX secolo avanzato si dibatteva sul fatto se lo fosse o no), una parte di questa produzione si camuffò nella categoria sopra discussa dei "modelli per artisti". Questa produzione toccò anche paesi meno lontani, ma nei quali il turismo omosessuale portava i potenziali clienti: l'Italia soprattutto, ma anche i Paesi del Nordafrica, con la proposta di ragazzi del luogo seminudi o nudi del tutto. La più celebre produzione di questo tipo è probabilmente quella dello studio Lehnert & Landrock, che operò in Nordafrica, proponendo foto "antropologiche" ed "esotiche" di nudo integrale femminile, accanto a foto più castigate, ma di sensibilità un po' pedofila, di ragazzetti semisvestiti. Si noti che questi soggetti, che oggi sarebbero senza dubbio tacciati di pedofilia, furono all'epoca riprodotti come cartoline e venduti (e spediti attraverso il normale servizio postale) a migliaia di esemplari. La mentalità dell'epoca giudicava infatti, all'opposto di quanto facciamo noi oggi, meno immorale il nudo di bambini rispetto a quello di adulti. I segni della pubertà, a iniziare dal pelo, specie quello pubico, erano all'epoca considerati come automaticamente "sessuali", e quindi "osceni". Viceversa il nudo preadolescente era considerato come meno evocativo della sessualità, e per questo era più facilmente accettato. (Questa osservazione vale ovviamente anche per gli altri tipi di foto di nudo dell'epoca). Tra le foto antropologiche sono state di recente oggetto di studio e ricerche quelle dell'italiano Boggiani (morto nel 1901), che si stabilì e morì fra gli indios brasiliani, (coabitando con un indio travestito da donna), e scattò numerosi nudi degli abitanti amazzonici. Come "studi antropologici" sulla "razza tedesca" propose i suoi nudi anche Adolf Brand (1874-1945), militante omosessuale, tuttavia proprio questa sua caratteristica rendeva subito evidente il fatto che si tratta di normalissime foto di nudo, senza particolari legami con l'antropologia o l'etnologia.
A questo tipo di fotografia si rivolgevano coloro che avevano una preferenza per il corpo maschile adulto e virile, mentre la foto d'arte tendeva allora a preferire il corpo adolescente o comunque dell'adulto dalle caratteristiche maschili non troppo marcate. Con la scusa della "statuarietà" furono prodotte e smerciate in migliaia di esemplari cartoline rappresentanti celebri lottatori o sollevatori di pesi dell'epoca. Assimilabile alla fotografia sportiva era in questo senso anche la foto circense, venduta alle esibizioni pubbliche di forza (nei circhi, ma anche nei teatri) che ebbero molto successo a cavallo fra XIX e XX secolo, creando vere e proprie "star" del muscolo, quale fu Eugen Sandow, le cui foto adeguatamente discinte erano prodotte in massa per essere vendute a spettatori e fans.
In più di un caso i fotografi che usarono l'arte come alibi erano artisti davvero, cosa non sorprendente in un'epoca in cui l'otturatore non era stato ancora inventato e il fotografo doveva calcolare "ad occhio" le esposizioni e quindi la qualità della luce, dopodiché doveva provvedere da solo anche allo sviluppo, alla viratura eccetera. Non a caso in molti campi della fotografia i primi fotografi erano stati in origine pittori. Wilhelm von Gloeden (1956-1931)
Inizialmente accademico e pittorialista, Gloeden seppe letteralmente inventare un mondo fantastico, totalmente suo, nel quale il nudo era "disinnescato" dalla carica esplicitamente erotica, e reso accettabile per la mentalità dell'epoca attraverso il richiamo a una classicità ideale, avulsa dalla realtà. Il carattere omosessuale
delle sue produzioni di nudo maschile era comunque evidente ai suoi clienti,
ma l'alibi si dimostrò sufficiente a permettere a Gloeden di lavorare
indisturbato (anche
se non sempre al riparo di polemiche e accuse di fare "commercio di carne
umana"), per tutta la vita.
Nella fotografia di Gloeden, e dei suoi contemporanei, il nudo si emancipa infine dalla pretesa d'essere un sussidio per la pittura, e diventa di per sé la ragion d'essere dell'immagine. Addirittura, a questo punto dell'evoluzione il rapporto fra pittura e fotografia si rovescia: saranno le incisioni di Mariano Fortuny a suggerire le pose di alcune celebri fotografie di Gloeden, mentre una delle sue immagini in assoluto più celebri, il Caino, non è altro che la riproposizione del "Giovane nudo, assiso sul bordo del mare" di Flandrin (oggi al Louvre). Wilhelm von Plüschow (1852-1930)
Plüschow iniziò a fotografare prima di Gloeden, stabilendosi prima a Napoli e poi a Roma, e producendo il nudo (sia maschile che femminile) su scala, appunto, "industriale". Nella sua opera l'alibi artistico
è più tenue, e molto spesso i giovani da lui ritratti non
pretendono di essere altro che ragazzi proletari italiani, coi segni del
lavoro manuale sul corpo, belli, sfacciati e magari pure "disponibili".
Non a caso l'attività di Plüschow ebbe termine catastroficamente
dopo che un
processo, iniziato nel 1907, lo condannò per prossenetismo e lo
espulse dall'Italia (nel 1910).
Galdi produsse il nudo in un'ottica ormai pienamente (e troppo precocemente) "industriale": accanto a foto d'arte posate, che dimostrano un gusto apprezzabile e una competenza tecnica matura, sta una produzione apertamente pornografica, qualitativamente poco curata, in cui appaiono erezioni, e nella quale le dimensioni del membro del modello sono messe in "debita" evidenza. Questo era troppo, a maggior ragione per la società del tempo: Galdi fu travolto dallo stesso scandalo di Plüschow, e non si sa più nulla di lui dopo il 1907; si pensa perciò che abbia abbandonato la fotografia. Frederick
Rolfe (1860-1913)
Gaetano
D'Agata (1883-1949)
La nascita del cinema, all'inizio del XX secolo, creò un nuovo campo d'applicazione "legittima" per il nudo (non integrale), sia femminile che maschile: le foto "discinte" dei divi del grande schermo, che iniziarono ad essere proposti e venduti come "sex symbols". Fin dall'epoca dei divi del cinema muto ci rimangono foto di attori quali Rodolfo Valentino o Ramon Novarro a torso nudo o in costume da bagno. Queste foto erano commissionate dagli stessi "studios" che avevano sotto contratto gli attori, ed erano destinate soprattutto a un pubblico femminile di "fans", tramite riviste specializzate, sempre più diffuse e vendute a basso costo anche a livello popolare. Da questo punto di vista, il cinema crea un nudo maschile "popolare", per quanto sempre molto sorvegliato e soprattutto mai integrale. Culto del corpo
Ovviamente, gli editori si
resero conto del potenziale commerciale di questo prodotto, che poteva
essere consumato anche da chi non frequentava palestre, spingendoli a pubblicare
immagini
sempre più sensuali ed erotiche, fatto sempre salvo il principio
di non mostrare mai i genitali nudi.
La autorità e le chiese non videro comunque di buon occhio tale fenomeno, che fu regolamentato e ostacolato laddove i regimi autoritari lo bollarono come immorale (in particolare, in Italia, col fascismo la produzione di nudo maschile cessò quasi del tutto fino agli anni Settanta). Tuttavia qualche riflesso di questa traduzione culturale trasuda anche nell'arte dei regimi totalitari, che ritennero conveniente inglobare per i propri fini (in genere bellici) l'esaltazione del corpo proposta dal movimento della Cultura fisica. Si spiega così come mai traspaia a volte una sensibilità omoerotica in immagini fotografiche ufficiali prodotte dal fascismo e dal nazismo (e perfino in Urss). Con il film Olympia di Leni Riefenstahl, considerato un capolavoro nonostante la committenza venisse esplicitamente dal regime nazista, questo atteggiamento culturale approdò perfino nel cinema. In Italia Elio
Luxardo (1908-1969) produsse immagini di nudo maschile (in
genere utilizzando sportivi e accentuando l'aspetto "virile") anche durante
il periodo fascista. La sua produzione ebbe comunque una diffusione elitaria,
ed è ancora in attesa di una riscoperta e valorizzazione.
Quanto al nudo integrale, durante tutto il periodo fra le due guerre il commercio di foto di questo tipo rimase comunque un fenomeno elitario, spesso clandestino, ristretto ad alcune nazioni soltanto, e riservato a originali "artistici", con ovvie conseguenze sul prezzo e le quantità offerte sul mercato. Il dopoguerra e il "beefcake"
Non senza contrasti, arresti, sequestri, un nucleo di fotografi diede così vita alla cosiddetta fotografia "beefcake" (di "bistecconi"), sfruttando come paravento il fenomeno in enorme ascesa del culturismo per spacciare come foto di "cultura fisica" immagini di uomini coperti solo da un cache-sexe sempre più vertiginosamente piccolo. Si trattò di una vera produzione di massa, smerciata o per corrispondenza, o attraverso riviste di culturismo, che di culturismo si occupano ben poco e di culturisti discinti invece molto. Fra i nomi più celebri sicuramente spiccano quelli di John Mizer della Athletic Model Guilde di Bruce Bellas ("Bruce of Los Angeles"), ma di elevata qualità artistica si rivelano anche le foto, pur commerciali, di Lon of New York (sin dagli anni Quaranta), Douglas of Detroit, Dave Martin, Milo of Los Angeles, Chuck Renslow (Kris of Chicago), della Western Photography Guild, di James Bidgood (autore di un universo onirico in cui il "kitsch" assurge ad arte, ispirando successivamente artisti come Pierre e Gilles) e di studi o artisti meno noti come Les Demi-Dieux, David of London, Vince of London, dei francesi Jacques Ferrero e Bruno Caro ed altri ancora. In Italia opera Peppino di Torino, un fotografo ancora interamente da studiare, che ritrae i culturisti italiani; i suoi risultati non sembrano però paragonabili (anche per mancanza di mercato locale che gli permettesse di crescere) a quelli delle controparti statunitensi. Questo tipo di produzione
dilagò ben presto anche al di fuori degli Usa, facilitata dal fatto
che alcuni dei culturisti favoriti da queste riviste (per esempio Steve
Reeves) divengono star mondiali attraverso il cinema peplum
hollywoodiano.
Va notato che con il fenomeno beefcake, il confine tra foto di nudo artistico e foto commerciale erotica viene deliberatamente confuso per due o tre decenni: fotografi di grande talento artistico lavorano nel settore commerciale con foto (per l'epoca) eroticamente allusive, mentre a volte la foto puramente d'arte, o con pretese d'essere tale, spesso si rivela meno audace e più conservatrice di quella commerciale. Tra i fotografi d'arte di
questo periodo vanno comunque segnalati per originalità gli statunitensi
George
Platt Lynes (di grande eleganza classica, talvolta surreale,
e che peraltro vendette sotto pseudonimo le sue immagini a riviste omofile
europee), e Carl
Van Vechten (con una particolare predilezione per i ritratti
di uomini di colore, allora rara negli Usa), il francese Raymond
Voinquel (raffinato, colto e molto "classico"), i tedeschi
Herbert
List (anch'egli d'ispirazione "classicista"), ed Herbert
Tobias (1924-1982, aperto anche a raccontare la nascente
comunità gay di Parigi e Berlino degli anni Cinquanta).
Nel 1968, la rivista "beefcake" americana "Grecian Guild Pictorial" vince un ricorso alla Corte Suprema degli Usa, che finalmente riconosce al nudo maschile, anche integrale, la possibilità di essere considerato arte. Ê lo spiraglio che apre la diga alla produzione di un'infinità di riviste, ovviamente tutte "artistiche", di nudo maschile, fenomeno che in breve tempo forza i confini del "comune senso del pudore". Ciò apre a sua volta
la strada alla produzione di pornografia vera e propria, in massima parte
rivolta al mondo gay e solo in minima parte a quello delle donne.
La situazione attuale
Tra i fotografi più noti del dopoguerra si citeranno qui Tom Bianchi, Will McBride, l'italiano Tony Patrioli, Herb Ritts, Arthur Tress, Bruce Weber (forse attualmente il più noto ed imitato fotografo di nudo maschile al mondo) e molti altri. A partire degli anni Ottanta del ventesimo secolo, nella foto d'arte di nudo maschile viene messo in dubbio, a partire dalla provocatoria opera di Robert Mapplethorpe (e di quella, meno nota, di Arthur Tress), la distinzione tra foto d'arte e foto pornografica, con citazioni deliberate di pose e situazioni tipiche della foto pornografica. Artisti come Bruce
LaBruce oggi producono intenzionalmente contaminazione tra
foto d'arte e foto pornografica. Ciononostante i due generi rimangono oggi
ben distinti, non fosse altro che per la destinazione d'uso e il costo,
che divergono notevolmente.
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Note
[1].Pubblicato su Wikipedia, nel "Progetto omosessualità", come: "Nudo maschile nella fotografia" Edito sotto licenza GNU: può essere riprodotto senza chiedere ulteriori permessi. Il testo è quello online 21/4/2006. Il testo di una qualsiasi data successiva può essere stato modificato anche molto rispetto a questo. L'inizio di questa voce è una traduzione della voce portoghese di Wikipedia (la sola disponibile online, al momento di scrivere la presente voce), che mi ero ripromesso di tradurre, per scansare la fatica di scriverla. Poi, notandovi sempre più tesi bislacche, mi sono scocciato, ho mollato la traduzione e me la sono scritta da me. Il bello di Wikipedia! :-) * Allen Ellenzweig, The homoerotic photograph: male images, Delacroix to Mapplethorpe, Columbia University Press (1992). * Phil
Braham (a cura di), Exposed: a celebration of the male nude
* David Chapman (a cura di), Adonis: The Male Physique Pin-Up 1870-1940, Gay Men's Press, London 1997; ISBN: 085449250X. * David
Leddick, The male nude, Taschen, New York 1999.
Sulla foto "beefcake": * F. Valentine Hooven, III, Beefcake: the muscle magazines of America 1950-1970, Taschen, 1996 ISBN 3822889393. * Don Whitman, Mountain men: the male photography of Don Whitman, Gay Men's Press, London 1991, ISBN 085449148 * Fred Kovert, Hollywood nudes: photography of Fred Kovert, Aubrey Walters, London 1991; ISBN 0854492941. * Robert Mainardi (a cura di), Strongman: vintage photos of a masculine icon, Council Oak Books, 2000; ISBN 1571781013. * Bruce Bellas, Naked heartland: itinerant photography of Bruce of Los Angeles, Janssen Verlag, 2000, ISBN 3925443886. * Bruce of Los Angeles
(American Photography of the Male Nude, 1940-1970, Vol. 1) Janssen,
1998; ISBN 3925443541.
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