Uomo
politico romano e "mecenate".
Discendente da famiglia etrusca, fece parte del ceto borghese dei cavalieri. Fu amico e consigliere di Ottaviano (che divenne l'imperatore Augusto), e fu da lui incaricato di amministrare Roma mentre egli combatteva contro Sesto Pompeo (38-36 a.C.). Dopo la fine della guerra civile e la vittoria di Ottaviano, si ritirò a vita privata (pur rimanendo un influente consigliere durante il regno di Augusto) usando le sue enormi ricchezze per creare un cenacolo artistico di poeti e scrittori di primo rango (fra i quali Virgilio (70-19 a.C.), Orazio, Properzio), che egli protesse e finanziò. Questo cenacolo aveva un doppio scopo: incoraggiare le arti (Mecenate stesso era poeta e raffinato conoscitore d'arte) e orchestrare la propaganda politica in favore di Augusto. Entrambi gli obiettivi riuscirono al punto che Mecenate divenne un simbolo, e "mecenate" è detto oggi un intelligente e raffinato protettore e finanziatore delle arti e degli artisti.
La preferenza
di Mecenate per il proprio sesso era notoria al suo tempo e nella sua cerchia,
ma è oggi normalmente passata sotto imbarazzato silenzio.
Su questo amore abbiano numerose testimonianze, lasciateci da Lucio Cornuto (Commentario alle Satirae di Persio V, 123), Tacito (Annali, I 54) e Dione Cassio (Storia romana, LV 17), mentre Orazio-(Epodon liber, XIV, 10-15) si spinge a proporre un parallelo fra il suo amore eterosessuale per Frine e quello di Anacreonte per un altro Batillo, quale omaggio letterario all'amore di Mecenate [1]. Questa
preferenza omosessuale di Mecenate fu talmente notoria che dopo
la sua morte un anonimo poeta decise di difendere la sua memoria nelle
Elegiae
in Maecenatem, tramandateci sotto il nome di Virgilio (che
non
può
esserne l'autore perché morì undici anni prima
del suo protettore).
L'accusa di "mollezza" rivolta a Mecenate è ripresa anche da Seneca (Quaestiones naturales, VII 31, 1-3). Una volta noti
i gusti di Mecenate, non stupisce l'esistenza in epoca rinascimentale
d'una celebre leggenda sul suo conto, secondo cui egli avrebbe regalato
a Virgilio uno schiavo, Alessi, di cui il poeta era disperatamente
innamorato.
Tracce di tale leggenda si trovano presso poeti del Rinascimento, come Francesco Berni, che vi allude nel suo "Capitolo d'un ragazzo", o Platino Piatti ("Platinus Plato", sec. XV) nella sua elegia "Ad Mecenatem pro puero ducali" ("A Mecenate per ottenere un ragazzo dal Duca" [3]), scritte entrambe allo scopo di chiedere un paggio a un protettore.
Una reliquia degli immensi giardini di Mecenate, gli Horti mecenatiani, è tuttora visibile a Roma in Via Merulana nel Largo Leopardi (il cosiddetto "Auditorium di Mecenate", in realtà un ninfeo). Tutto il resto
è stato demolito per far posto alla speculazione
edilizia ottocentesca.
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Note
[1]-Elegiae in Mecenatem, in: Minor latin poets, Loeb classical library, London 1954, pp. 120-139. [2] Sull'omoerotismo in Mecenate e nella sua cerchia vedi: Saara Lilja, Homosexuality in republican and augustan Rome, The Finnish society of sciences and letters, Helsinki 1983, passim. [3]-In:
Carmina
illustrium poetarum italorum, Tartinio e Franchi, Firenze 1719-1726,
11 voll., vol. 7, p. 275. Epigramma a Cicco
Simonetta (1410-1480), per chiedergli un garzone.
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